
30° Anniversario del Programma Erasmus, seduta del 10 luglio 2017
Delibere e odg collegato approvati in Consiglio comunale lunedì 3 luglio 2017
Approvata delibera per contributo straordinario. Seduta di lunedì 26 giugno 2017.
Delibere adottata dal Consiglio comunale, lunedì 19 giugno 2017.
approvata delibera di modifica
Seduta di Consiglio comunale del 5 giugno 2017
Seduta solenne del Consiglio comunale venerdì 16 maggio 2017
Illuminazione in blu e giallo del Palazzo del Podestà, Festa dell'Europa - 9 maggio 2017
Delibera approvata dal Consiglio comunale lunedì 8 maggio 2017.
Unanime adozione di odg dell'Ufficio di Presidenza in Consiglio comunale.
Minuto di silenzio del Consiglio comunale lunedì 10 aprile 2017
Unanime adozione ed immediata esecutività della delibera di Consiglio del 3 aprile 2017
Unanime approvazione in Consiglio comunale lunedì 3 aprile 2017
Ulteriori delibere approvate in Consiglio il 3 aprile 2017
Minuto di silenzio del Consiglio comunale
Delibere approvate lunedì 27 marzo 2017.
Seduta solenne del Consiglio comunale il 24 marzo 2017.
Francesco Errani sulla realtà bolognese.
Carcere della Dozza, comunicato stampa congiuntoSergio Lo Giudice in visita all'istituto penitenziario con le onorevoli Pd Lenzi e Ghedini
Seduta congiunta: Commissione consiliare delle Elette - Commissione consiliare Sanità, Politiche sociali, Sport, Politiche abitativeSala Imbeni di Palazzo d'Accursio.
Odg n. 46/2011 Indirizzo politico in tema di esecuzione penale Adulti e MinoriORDINE DEL GIORNO A FAVORE DI UN INDIRIZZO POLITICO DEL COMUNE DI BOLOGNA IN TEMA DI ESECUZIONE PENALE ADULTI E MINORI , PRESENTATO DAL CONSIGLIERE ERRANI ED ALTRI IN DATA 18.07.2011
Situazione Carcere Dozza - Ennesima Tragedia Situazione Carcere Dozza - Ennesima TragediaIntervento di inizio seduta del Consigliere comunale Pd Francesco Errani in sede di Consiglio comunale il 21 novembre 2011.
Carcere minorile del Pratello, consiglieri in visitaArticolo dell'on. Sandra Zampa, da Repubblica del 29 giugno 2012.
Il Pratello, una risorsa per la cittàIl consigliere Francesco Errani sulla funzione della pena e sulle realtà detentive cittadine
Di seguito, il testo dell'intervento d'inizio seduta del consigliere Francesco Errani sul suicidio di un trentunenne in carcere.
"“Ho 30 anni, sono dominicano ma vivo in Italia da 13 anni. Sono un ragazzo molto allegro, simpatico e molto positivo. Mi piace fare amicizia e confrontarmi con altre culture, mi piace viaggiare e conoscere il mondo. Mi considero molto combattivo e testardo. Partecipo a questa esperienza perché mi piace imparare cose nuove, poi vorrei raccontare la nostra vita qui e dare voce a tante persone che non hanno avuto questa opportunità di poter dire cosa pensano e come stanno vivendo questa esperienza. Mi piace ballare, pescare e viaggiare”.
Questa l'autopresentazione di W. sulla redazione di "Ne vale la pena", il periodico che viene scritto all'interno del carcere della Dozza curato da Bandieragialla. In un altro esercizio, denominato "Se io fossi", aveva scritto una breve prosa poetica immedesimandosi nell'acqua. Così scriveva "Se fossi l'acqua farei un lungo viaggio e andrei a visitare tutti quei paesi che hanno tanto bisogno di me. Inizierei il mio viaggio per tutta l'Africa, poi piano piano tutto il mondo. Se fossi l'acqua non mi farei imprigionare in quelle bottiglie così strette che non ti fanno respirare solo per fare tutti quei soldi, mentre tanta gente muore di sete. Se fossi l'acqua rimanderei indietro tutti i rifiuti che mi buttano addosso e li porterei a casa loro, così come soffro io con tutto quell'inquinamento".
Il suicidio di questo ragazzo è, purtroppo, l'ennesimo "evento critico" - così in burocratese vengono definiti gli autolesionismi, gli scioperi della fame, le aggressioni e tutti quanti gli episodi che richiedono un'indagine di polizia per accertarne la rilevanza penale - che ha sconvolto la vita della comunità penitenziaria bolognese. Era un ragazzo di 31 anni di origine dominicana in carcere da poco meno di un anno, la madre in Italia da 15 anni, condannato a 5 anni per spaccio di stupefacenti. Alla Dozza aveva frequentato la scuola media con ottimi risultati. Da un mese era stato ammesso ad una sezione più "aperta" del carcere e frequentava da due settimane il corso professionale per addetto alla produzione pasti. Oltre agli insegnanti e ai formatori, in questo anno lo avevano conosciuto le mediatrici culturali, la sua educatrice, un'operatrice dello sportello lavoro.
Tanti che tentano il suicidio vengono salvati dagli agenti di polizia penitenziaria o dai compagni di cella, senza che la cosa faccia troppo notizia. Lui non lo ha salvato nessuno ed è finito nelle statistiche del massacro al quale siamo più o meno abituati da tempo. Da gennaio, le persone che si sono suicidate in carcere sono 67: un detenuto ogni 8 giorni decide di ammazzarsi.
La sua morte pesa come una piuma nella coscienza collettiva. Non basta certo a convincere i benpensanti che uno Stato democratico che ti costringe in un luogo di restrizione ha il dovere preciso di garantirti condizioni di vita dignitose. Il carcere non deve punire ma deve rieducare.
Non so quali pensieri abbiano abitato le giornate di questo giovane uomo, in particolare le ultime giornate. Posso solo cercare di capire. Per cercare di capire non riesco a non prendere prima di tutto in considerazione la domanda: lasciar morire non è forse un modo, anche se non voluto e sicuramente più nascosto, di dare la morte?
Il carcere è prima di tutto esperienza di esclusione, negazione di appartenenza. Ciò comporta la perdita di autostima, la vergogna di dover offrire agli altri un'immagine degradata di sé e, progressivamente, generare la convinzione che la vita non valga più la pena di essere vissuta.
Se non vogliamo che il carcere sia un processo di esclusione sociale, di disumanizzazione e, di conseguenza, un indurre alla morte, scontare una pena deve poter essere un percorso che ristabilisce la giustizia e non che aggiunge un'ingiustizia. Occorre che il carcere possa essere vissuto come il dovere ma anche come il diritto di pagare per un'azione ingiusta commessa nei confronti della società di cui si è però legittimamente ancora parte e c'è la necessità che lasci intravedere una prospettiva, un futuro possibile.
L'esperienza del carcere deve dunque prima di tutto proporsi come un tempo di riprogettazione di vita. Che cosa significa riprogettare una vita? Significa avere una prospettiva di realizzazione professionale, abitativa, culturale e di relazioni sociali. Ci sono alcuni progetti all'interno della Dozza che confortano questa prospettiva, come l'esperienza musicale del coro diretto dal maestro Napolitano, il laboratorio sartoriale operante all’interno della sezione femminile che offre la possibilità alle detenute di imparare un mestiere, l'apicoltore per la produzione del miele, il laboratorio per il trattamento di materiali elettrici, l'officina meccanica in carcere.
Occorre valorizzare queste esperienze e moltiplicarle. Con quali risorse? L'Amministrazione della nostra città può e deve curare l'integrazione di una pluralità di risorse, alcune già attive, altre che possono aggiungersi: i servizi, le piccole cooperative per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate, il volontariato, l'Università.
Finalmente è stato riattivato il Comitato Locale per l'esecuzione penale e occorre non solo mettere in rete tutte le risorse e esperienze già attive, coinvolgendo prima di tutto le persone detenute nella progettazione degli interventi, ma anche trovare il finanziamento per le attività ricreative, culturali e sportive, mantenere quelle per le mediatrici culturali, lavorare per il reinserimento lavorativo valorizzando le clausole sociali e i comportamenti aziendali eticamente orientati, come anche trovare soluzioni abitative.
Se vogliamo costruire una politica inclusiva, serve un impegno più attivo del Comune di Bologna nelle politiche per il carcere e un serio e costruttivo confronto con le realtà di volontariato e le istituzioni cittadine, al fine di realizzare il necessario coinvolgimento progettuale che potrà fare di un ragazzo finito in carcere, un cittadino che sente di appartenere ad una comunità accogliente che ha bisogno anche di lui. E senza dimenticare che il Sindaco di Bologna è il Sindaco di tutti, anche dei cittadini detenuti."